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domenica 18 novembre 2018

EPPURE SO...


In questo incerto autunno, tra foglie cadenti come le estive comete che furono, ritorno nei boschi a noi cari, amata amica, per dissipare una volta di più le inquietudini dello spirito.

Asciutti e pungenti sono oggi giunti i primi freddi e la Natura cerca invano di conservare i pochi colori, come denudata dama che tenta di preservare il suo pudore con ristrette vesti, divenute vecchie per la matura età.

E così tra queste alte braccia tese al cielo, quasi a chieder pietà per coloro che sotto di esse procedono, di nuovo ripercorro con la mente gli ultimi eventi, che tanti affanni procurano ad un animo da troppo disavvezzo a certi turbamenti.

Ahimè, quale pena il non sapere e DOVER così IMMAGINARE! 

In quanti altri deliri questa mia febbrile mente continuerà a perdersi e quali basse passioni trascineranno il mio cuore alla perdizione?


EPPURE SO  quanto puerili siano certi giudizi ma ciò nonostante indugio in essi, come lingua che coscientemente vuol battere là dove il dente duole.
Quel giorno mi domandai se alla fine avessi vinto o perso il penoso duello con me stessa, ma ancora vana è la speranza di trovare un responso.

EPPURE SO, o dovrei sapere, quanto provvidenziale fu quell'apparizione, serafico deus ex machina, celestiale redentrice, inconsapevole sacerdotessa di antichi e logori legami, datisi a nuova vita dalle fredde ceneri del tempo.
Perchè dunque, mia dolce amica, quest'obliqua inclinazione mi trattiene nel pantano di un'irragionevole e ottenebrata prigione, di cui sol io sono l'impietosa aguzzina?
Perchè l'amabile e gentile soffio dell'indulgenza non alberga più nel mio cuore, ma come storno ha preso il volo verso lidi che non sono più i miei?


EPPURE So anche che infondo del tutto non erro, che gli affetti lascian sempre umide impronte, come onde che si frangono sulla battigia dell'anima e la cullano con invisibili carezze e per ciò e di ciò esse vivono, LE ANIME, chè morti siamo fino a che Vita non ci desta col suo caldo bacio d'amore.

E DUNQUE SO che fintanto la misura non trasmuterà l'oscura notte in prima e rinnovata luce, raminga continuerò a vagare in questi boschi, amata amica, muta, cieca e sorda a me stessa, invocando quella clemenza che solo io posso concedermi.





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